L’impatto ambientale degli impianti fotovoltaici
L’impatto degli impianti fotovoltaici ha un effetto estremamente positivo sull’ambiente. Gli stessi pannelli fotovoltaici sono prodotti con materiali altamente riciclabili.
Difatti, partendo dalle fasi del ciclo di vita dei pannelli, in primis l’estrazione del quarzo e la sua trasformazione in silicio cristallino richiedono impianti ad alta temperatura, quindi energivori. L’utilizzo di questo materiale non è tossico e né tantomeno pericoloso per la pubblica sicurezza.
Il silicio, secondo elemento nella crosta terrestre, è impiegato nella costruzione della quasi totalità dei pannelli fotovoltaici attualmente in commercio e compone quasi interamente le singole celle fotovoltaiche.
Queste costituiscono, in ogni caso, meno del 2% di tutta la struttura del pannello. La quantità di silicio presente in forma di wafers quasi impalpabili, è ridotta.
I materiali che pesano di più all’interno di pannello fotovoltaico sono il vetro frontale e l’alluminio che costituisce il telaio (per quelli che l’hanno). Quindi possiamo considerare un pannello fotovoltaico essenzialmente alla stregua di una finestra con il suo serramento.
Lato impatto ambientale, l’attenzione si concentra sul cadmio, conosciuto per essere un metallo pesante tossico. Qui interviene lo studio dell’Università della North Carolina, che evidenzia come il cadmio “puro” sia profondamente diverso dai suoi composti. La forma composta del metallo pesante garantisce una presenza minima del cadmio, con un grado di tossicità bassissimo. Inoltre, il tellururo di cadmio non è volatile, quindi non è inalabile, e non è solubile in acqua. Utilizzato in questa forma estremamente sicura, questo conduttore di energia non è un pericolo per l’uomo, né per l’ambiente.
Secondo uno studio condotto all’Università di Utrecht, un pannello impiegherà due anni di funzionamento per ripagare l’impronta di carbonio generata per produrlo (cosiddetto “pay-back energetico”), pari a 20g/kWh di CO2.
Ma, considerato che un pannello solare ha una vita media superiore ai 25 anni, circa un dodicesimo di questa vita basterà a ripagare l’impronta ambientale.
Lo studio ha inoltre dimostrato che la crescita della capacità di produzione di energia solare riduce l’energia necessaria per la produzione di un pannello e anche delle relative emissioni di CO2 (rispettivamente del 12% e del 17-24%, ad ogni raddoppio di capacità produttiva).
Infine, per quanto riguarda lo smaltimento e riciclo di un pannello fotovoltaico, dopo un periodo medio di 25 anni un pannello raggiunge una fase in cui può convenire la sua sostituzione.
La normativa italiana prevede una procedura precisa per evitare la dispersione nell’ambiente di materiali inquinanti e per ottimizzare il recupero dei materiali riciclabili. Difatti lo smaltimento dei pannelli è affidato ad un centro di raccolta RAEE.
In questo modo è possibile separare alluminio, plastica, vetro, rame, argento e silicio, o tellururo di cadmio, a seconda del tipo di pannello. Queste sostanze verranno riciclate nel mercato del fotovoltaico per la produzione di nuovi pannelli: la percentuale di materiale recuperato può arrivare fino al 95%.
In conclusione, l’impatto ambientale del fotovoltaico è da considerarsi positivo e sempre in miglioramento. La capacità fotovoltaica installata ad oggi nel mondo supera i 400 GW (gigawatt), con una produzione di 370 TWh (terawattora) nell’ultimo anno, che corrisponde a circa 1,5% della fornitura totale di energia elettrica globale. Tutto questo riduce la produzione di gas serra di approssimativamente 170 Mt (milioni di tonnellate).